LE SALE NOBILI
La galleria d’armi
Si tratta dell’atrio alla residenza principesca della famiglia Belgioioso. Le cinque campate dell’ambiente sono decorate in stile neogotico. La sala venne utilizzata dalla famiglia Belgioioso per riporvi tutte le armi rinvenute nelle varie torri del castello. Il portale in legno situato a sinistra dell’ingresso presenta nel falso sopraluce un bassorilievo in cotto raffigurante l’assedio al castello da parte di Ludovico Belgioioso nel 1529, avente intento celebrativo della famiglia. Sul pilastro a sinistra dell’ingresso principale è in parte visibile lo stemma dei certosini. Appese alle volte vi sono le due catene in ferro del ponte levatoio della torre d’ingresso al ricetto. Il pavimento posato a scacchiera è realizzato con lastre di marmo bianco e nero. La galleria si conclude con uno scalone in pietra che porta alle sale più importanti del palazzo.
L’antisala
Questa piccola stanza, con soffitto a cassettoni in legno dipinto e pavimento in legno, aveva funzione di disimpegno. Nonostante la funzione poco importante le decorazioni parietali e la ricchezza decorativa del soffitto le donano un’immagine signorile ed elegante. Agli angoli del soffitto sono presenti gli stemmi della famiglia Belgioioso e degli altri casati che si sono succeduti nella proprietà del castello.
La sala da pranzo
Era la sala da pranzo dei principi. Le pareti sono rivestite da una boiserie e il soffitto è in legno. Dalla porta in fondo si accedeva alle scale che conducevano al piano interrato dove vi erano le cucine e la cantina. Originariamente era presente una grande vetrata (bow-window) che si affacciava sulle aiuole del cortile interno, dove primeggiava un grande cedro, e sul grande parco all’inglese.
La Sala azzurra
Era la sala di rappresentanza della famiglia. Presenta un soffitto a volta a padiglione decorato con uccelli esotici e frutta all’interno di girali e motivi floreali su fondo dorato a simboleggiare l’abbondanza e la ricchezza del casato. Le pareti sono ricoperte da una tappezzeria a disegni floreali blu. In alcune parti mancanti è possibile osservare il colore azzurro originario delle pareti che dà il nome al locale. Le sovraporte e le cornici sono realizzate in legno color noce finemente intagliato.
La Sala rossa
Era la sala di conversazione e prende il nome dal colore della tappezzeria damascata. Sulla parete est è presente un affresco, raffigurante la Pietà sul Cristo morto, dipinto dal pittore Bernardino Campi intorno al 1580. Nella parete sud vi è un camino con rivestimento in marmo di Carrara e specchio con cornice marmorea sormontato dallo stemma della famiglia. Il pavimento alla veneziana è uno dei più decorati. Appeso al soffitto voltato a padiglione è ancora presente un maestoso lampadario in legno color bronzo con vetri colorati. Nelle lunette al di sotto delle unghie della volta sono dipinti dei personaggi idealizzati. Un balcone in pietra permetteva di affacciarsi al giardino inferiore all’italiana.
La Sala verde
La predominanza del colore verde nelle pitture parietali dà il nome all’ambiente. La volta dipinta presenta gli stemmi e le armi della famiglia Belgioioso alternati a riquadri e cornici neogotiche. La sala si affacciava a ovest verso il giardino all’italiana e a sud, tramite una portafinestra che conduceva a una scalinata in pietra, verso le mura ovest. Durante la permanenza del conte Antonio, la sala aveva funzione di sala da musica, in quanto erano presenti un armonium e un arpicordo.
La Pinacoteca Suzy Green Viterbo
Nella parte superiore del Castello, è presente la Pinacoteca Comunale deificata all’artista Suzy Green Viterbo.
Suzy Green Viterbo nacque nel 1904 a Il Cairo, in Egitto. Studiò a Parigi presso le accademie Julian, Colarossi, e de la Grande Chaumière. Ritornata nel paese africano, fece parte di Art and Liberty, eclettico gruppo di artisti di vaga influenza surrealista. Rimase in Egitto fino al 1956, quando fuggì con il marito a causa dell’insicurezza seguita all’indipendenza. Si stabilì quindi a San Colombano al Lambro per circa trent’anni. La sua abitazione – atelier, nei locali dell’ex macello in via Cesare Battisti, era sempre aperta a chi – giovani artisti, critici, curiosi – desiderava osservare l’artista all’opera. Artista poliedrica e dal respiro internazionale, si dedicò all’incisione e all’acquaforte, alla pittura e infine alla “plastoscultura”, termine da lei coniato per indicare la creazione di sculture partendo da materie plastiche. A proposito di questa, il grande incisore e critico d’arte Luigi Servolini, definì’ vere e proprie “invenzioni” le sue sculture, opere in cui lei dava “briglia sciolta alla fantasia, puntando talvolta sul primordiale”. Il suoi lavori furono esposti, in personali e mostre collettive, in tutto il mondo. Legatissima al Borgo di San Colombano, fu lei a promuovere qui l’estemporanea per la Festa delle Ciliegie e l’esposizione di quadri alla Sagra dell’Uva. Prima di trasferirsi a Roma, dove morì nel 1999, lasciò in dono un’importante parte della sua produzione al Comune di San Colombano, materiale che costituisce il nucleo centrale della collezione della Pinacoteca comunale a lei dedicata.